Quando l’agire è collettivo
o quando è solo un sostantivo
quando la teoria è progetto
o quando è volontà di soggetto
quando la costruzione è immediatamente
o è solo trascendente
quando la realizzazione è cercata
o quando essa è perfezionata.
Il dire ci sono,
il produrre pensiero,
il sentire profondo,
vuol dire ti amo
L’ipotesi Paolo Vinti è: la vita di un filosofo e poeta.
L’ipotesi Paolo Vinti è: il corpo di un filosofo di strada. Come Socrate, che stava nell’agorà, nella piazza, nelle vie ad interrogare la gente. Come Diogene, che viveva in una botte e girava di giorno con una lanterna accesa, e quando gli chiedevano «Ma che fai?» rispondeva: «Cerco l’uomo.» Paolo fa filosofia con le parole, ma soprattutto la fa con la parola incarnata, con il corpo, con l’esempio del suo modo di vivere, tutti i giorni. Vivere per le strade.
L’ipotesi Paolo Vinti è: un poeta che usa la lingua a misura di precise, precisissime strategie testuali e corporee. Il linguaggio è un cantiere sempre aperto, dove lo scrittore passa le giornate, in bilico sulle impalcature del senso con in mano il secchio e la cazzuola, e in testa un cappello di carta di giornale. Paolo lavora in quel cantiere, e programmaticamente si adopera a forzare il linguaggio, ritmi, risonanze, timbri, accento strascicato, tutto il corpo che trema nell’emettere il suono, per schiudere l’immaginazione di chi ascolta.
(dalla postfazione di Wu Ming 1)